24 maggio 2011

Aggiornamento sulla pedofilia nella Chiesa

Aggiornamento sulla pedofilia nella Chiesa

di Bruno Mastroianni, 4.5.10
I numeri, i documenti, la condotta di Benedetto XVI e la spiegazione dei casi emersi. Come la Chiesa sta mettendo mano a una ferita di cui è consapevole.


I NUMERI: QUANTI SONO I CASI DI ABUSO?
 

La conta degli effettivi di casi di pedofilia da parte degli ecclesiastici non serve per sminuire il fenomeno, ma per capirlo nelle sue giuste dimensioni. 

USA: 
Secondo lo studio del 2004 del John Jay College of Criminal Justice (link) i sacerdoti accusati di relazioni sessuali con i minori sono dal 1950 al 2002 circa 4.392. Massimo Introvigne in un articolo sull’Avvenire ha fatto notare che di questi, quelli accusati di effettiva pedofilia sono 958. I condannati in tutto 54, poco più di uno all’anno (i sacerdoti e i religiosi negli Stati Uniti sono circa 109.000). Per avere una misura di paragone nello stesso periodo negli USA, sono state 6.000 le condanne relative a professori di ginnastica e allenatori giudicati colpevoli dello stesso reato dai tribunali statunitensi. 
Il fenomeno oggi negli USA è drasticamente ridotto: uno studio commissionato dall Conferenza Episcopale Nord Americana (link) dichiara che nel 2009 sono in esame solo 6 casi sospetti, su 109.000 sacerdoti. 
Il periodico Newsweek (link) ha registrato che le compagnie di assicurazione americane non fanno pagare un premio maggiore per assicurare contro gli abusi nelle istituzioni cattoliche: stando ai dati non c'è un maggiore rischio. 

Germania:
 in un articolo del Giornale, Andrea Tornielli, riporta che in Germania dal 1995 sono stati denunciati 210mila casi di reati contro minori, i casi sospetti avvenuti nell’ambito della Chiesa cattolica sono 94 (1 su 2000).

Irlanda:
 il Rapporto Ryan del 2009 (link) ha registrato le testimonianze di casi di violenze (non solo sessuali ma soprattutto fisiche e psicologiche) nel sistema scolastico dell'isola dal 1914 al 2000, riscontrando 381 persone che hanno dichiarato di aver subito abusi sessuali  da parte di personale scolastico, visitatori, alunni più grandi e solo in piccola parte da chierici. Il Rapporto Murphy (link) sulla diocesi di Dublino ha registrato dal 1974 al 2009 le testimonianze di 440 persone che accusano sacerdoti. 

Malta:
 secondo i dati forniti da una Commissione istituita ad hoc (link) dagli anni '70 ad oggi sono stati accusati 45 sacerdoti. In 19 casi le accuse sono state respinte perché infondate, 13 casi sono ancora da esaminare e 13 sono sotto processo. Di questi ultimi 4 son stati condannati, 7 devono essere ancora ascoltati dalla Santa Sede e 2 sono deceduti. 

Congregazione dottrina della fede
: Mons. Scicluna, della Congregazione per la Dottrina della Fede, inun'intervista ha dichiarato che dal 2001 al 2010, la Congregazione si è occupata di circa 3000 casi di sacerdoti diocesani e religiosi che riguardano delitti commessi negli ultimi cinquanta anni. Solo nel 10 per cento dei casi si tratta di atti di pedofilia, quindi circa 300 in tutto il mondo. Il numero complessivo di sacerdoti diocesani e religiosi nel mondo è di 400 mila. 


DOCUMENTI E DISPOSIZIONI ESPLICITE
 

Nei discorsi sulla pedofilia si tirano in ballo alcuni documenti dando l’informazione errata che conterrebbero istruzioni per la copertura dei casi di pedofilia. In realtà tutti i documenti sono ufficiali e pubblici, e l’atteggiamento di condanna agli abusi è chiaro e forte. Le incomprensioni nascono da cattive traduzioni e imprecisioni dovute al fatto che i documenti sono redatti in latino e non vi erano fino a poco tempo fa traduzioni ufficiali in altre lingue. 

Il primo è l’istruzione “Crimen sollicitationis” (testo latino) un testo del 1922 riedito da un Giovanni XXXIII nel 1962 che si occupa del reato di istigazione a cose turpi da parte dei confessori. Il documento, che tratta principalmente di altri abusi, fa un riferimento anche alla pedofilia chiamandola crimen pessimum. Nel documento è esplicito l’obbligo di denunciare i crimini (traduzione in italiano non ufficiale dei passi più espliciti). 

Il secondo è il "De delictis gravioribus" (testo latino, in italiano) firmato da Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone nel 2001, fu redatto per dare corso al motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (testo latino, initaliano) di Papa Giovanni Paolo II che, proprio per evitare insabbiamenti e pasticci locali, assegna la competenza in materia di pedofilia alla Congregazione per la dottrina della fede. 

La conferma di tutto ciò l'hanno data anche le Linee guida che seguirono l'istruzione: informare la Santa Sede, seguire le disposizioni della giustizia civile, allontanare il sospetto dalle attività pastorali. 

Se ci sono stati insabbiamenti e omissioni, essi si devono a una mancanza di fedeltà alle disposizione del Papa e del Magistero.


 L'AZIONE DI BENEDETTO XVI 

Papa Benedetto XVI, prima come Prefetto della Dottrina della Fede poi come Papa è, senza dubbio colui che più si è impegnato a correggere questa piaga nella Chiesa. Da leggere la recente Lettera ai cattolici irlandesi. In essa c’è una chiara condanna del fenomeno e un forte invito ai vescovi a prendersi le proprie responsabilità per riparare e far sì che non accada in futuro. Stessa chiarezza e determinazione che il Papa ha mostrato durante il suo viaggio negli USA (qui una rassegna dei suoi interventi sulla pedofilia) e in Australia (qui una rassegna dei suoi interventi). 


I CASI DI CUI SI E' PARLATO SUI MEDIA 


Finora sulla stampa sono stati tirati in ballo alcuni casi di pedofilia che in qualche modo sembrano toccare il Pontefice. Ognuno, visto da vicino, dimostra da parte di Ratzinger una condotta limpida e cristallina: 

1. Padre Murphy a Milwakee: è il caso di un sacerdote macchiatosi di reati di pedofilia negli anni ’70. Le carte dicono che la Congregazione per la Dottrina della Fede (di cui era prefetto allora Ratzinger) fu consultata 20 anni dopo i fatti per una accusa di crimine di sollecitazione (e non per gli abusi). La Congregazione invitò a tenere il sacerdote comunque alla larga dalle attività pastorali nonostante fossero passati così tanti anni senza evidenze di altri crimini e nonostante la stessa giustizia civile aveva archiviato il caso (qui la spiegazione completa). 

2. Padre Kiesle a Oakland: 
è il caso di una lettera del 1985 in cui il Card. Ratzinger invita a non concedere in fretta la dispensa dal celibato a un sacerdote accusato di pedofilia e già sotto processo per l'espulsione dal sacerdozio. Alcuni media hanno confuso le due cose: la dispensa dal celibato (che è una concessione) dall'espulsione dal sacerdozio che è una pena (qui la speigazione completa). 

3. Padre H nella arcidiocesi di Monaco e Frisinga: un pedofilo trasferito nella diocesi all’epoca in cui Ratzinger era arcivescovo. Il caso risale al 1980. È emerso nel 1985 ed è stato giudicato da un tribunale tedesco nel 1986. Il cardinale Ratzinger era estraneo alla vicenda come ha ammesso il suo vicario dell'epoca (qui la spiegazione). 

4. Il fratello del Papa: è sembrato che due casi di abuso avvenuti a Ratisbona intorno al ’58 che è sembrato toccassero il fratello del Papa. In realtà i casi sono entrambi noti, giuridicamente chiusi e riguardanti un periodo diverso dalla direzione del coro da parte di Georg Ratzinger dal 1964 al 1994 (vedere già citato articolo di Tornielli che spiega i due casi). 


IL CELIBATO NON C'ENTRA CON LA PEDOFILIA 

Si è sentito anche parlare di un nesso tra pedofilia e celibato. Lo psichiatra Manfred Lutz, uno dei maggiori esperti del tema, in una recente intervista ha spiegato come questo nesso non ci sia affatto, anzi, gli esperti affermano che chi vive l’astinenza sessuale è meno a rischio di commettere abusi rispetto a chi è sposato. Nelgià citato articolo di Introvigne si riportano gli studi di Jerkins che hanno registrato come i casi di pedofilia siano presenti in misura maggiore tra le diverse denominazioni protestanti ove i pastori possono contrarre matrimonio. Anche il dato già citato dei 6.000 casi di abuso negli Stati Uniti nello stesso periodo di quelli ecclesiastici sono ad opera in maggioranza di persone sposate. Insomma un nesso tra celibato e pedofilia non sembra esserci.

13 maggio 2011

GPII e Einstein

Discorso di Giovanni Paolo II per la commemorazione della nascita di Albert Einstein, 10 novembre 1979

La ricerca della verità è il compito della scienza fondamentale - La scienza applicata come alleata della coscienza - Libertà religiosa e libertà della ricerca scientifica - Galileo ed Einstein grandi figure di scienziati; sprone ad approfondire le vicende storiche vissute dal primo per favorire il dialogo odierno tra scienza e fede - L'esegesi proposta da Galileo per ottenere un'armonia tra le verità della scienza e le verità della fede - Riconoscimento dell'importanza del ruolo della Pontificia Accademia delle Scienze al cui interno scienziati, credenti e non credenti, lavorano, concordi nella ricerca della verità e nel rispetto di tutte le fedi.

Signori Cardinali, Eccellenze, Signore e Signori
1. La ringrazio vivamente, Signor Presidente, delle parole ferventi e calorose indirizzatemi all'inizio del discorso. E mi compiaccio anche con Vostra Eccellenza come con i Signori Dirac e Weisskopf, tutti membri dell'illustre Accademia Pontificia delle Scienze, per questa solenne commemorazione della nascita di Albert Einstein.
Anche questa Sede Apostolica vuole rendere ad Albert Einstein il dovuto omaggio per il singolare eccelso contributo portato al progresso della scienza, ossia alla conoscenza della verità presente nel mistero dell'universo.
Io mi sento pienamente solidale col mio Predecessore Pio XI, e con quanti si sono succeduti su questa Cattedra Apostolica, nel richiedere ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze, e con essi a tutti gli scienziati, che «facciano progredire sempre più nobilmente e intensamente le scienze, senza domandare loro niente di più; perché in questo eccellente proposito e in questo nobile lavoro consiste la missione di servire la verità, di cui noi li incarichiamo... » (Pio XI, In multis solaciis , 28 ottobre 1936: AAS 28 [1936] 424).
2. La ricerca della verità è il compito della scienza fondamentale. Il ricercatore che si muove su questo primo versante della scienza sente tutto il fascino delle parole di Sant'Agostino: «Intellectum valde ama» (S. Agostino, Epist . 120, 3,13: PL 33,459), ama molto l'intelligenza e la funzione che le è propria di conoscere la verità. La scienza pura è un bene, degno di essere molto amato, perché è conoscenza e quindi perfezione dell'uomo nella sua intelligenza: essa deve essere onorata per se stessa, ancor prima delle sue applicazioni tecniche, come parte integrante della cultura. La scienza fondamentale è un bene universale, che ogni popolo deve poter coltivare con piena libertà da ogni forma di servitù internazionale o di colonialismo intellettuale.
La ricerca fondamentale dev'essere libera di fronte ai poteri politico ed economico, che debbono cooperare al suo sviluppo, senza intralciarla nella sua creatività o aggiogarla ai propri scopi. La verità scientifica, infatti, è, come ogni altra verità, debitrice soltanto a se stessa e alla suprema Verità che è Dio creatore dell'uomo e di tutte le cose.
3. Sul suo secondo versante la scienza si rivolge all'applicazione pratica, che trova il suo pieno sviluppo nelle varie tecnologie. La scienza nella fase delle sue concrete realizzazioni è necessaria all'umanità per soddisfare le giuste esigenze della vita e per vincere vari mali che la minacciano.
Non v'è dubbio che la scienza applicata ha portato e porterà degli immensi servizi all'uomo, purché sia ispirata dall'amore, regolata dalla saggezza, «accompagnata dal coraggio che la difenda dall'indebita ingerenza di ogni potere tirannico. La scienza applicata deve allearsi con la coscienza, affinché nel trinomio scienza-tecnologia-coscienza sia servita la causa del vero bene dell'uomo».
4. Purtroppo, come ho già detto nella mia Enciclica Redemptor Hominis, «l'uomo d'oggi sembra essere sempre minacciato da ciò che produce... In questo sembra consistere l'atto principale del dramma dell'esistenza umana contemporanea» (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 15).
L'uomo deve uscire vittorioso da questo dramma, che minaccia di degenerare in tragedia, e deve ritrovare la sua autentica regalità sul mondo e il pieno dominio sulle cose che produce. Ora, come già scrivevo nella stessa Enciclica «il senso essenziale della regalità, del dominio dell'uomo sul mondo visibile, a lui assegnato come compito dallo stesso Creatore, consiste nella priorità dell'etica sulla tecnica, nel primato della persona sulle cose, nella superiorità dello spirito sulla materia» ( Ivi , 16).
Questa triplice superiorità si mantiene in quanto si conservi il senso della trascendenza dell'uomo sul mondo e di Dio sull'uomo. La Chiesa , esercitando la sua missione di custode e vindice dell'una e dell'altra trascendenza, ritiene di aiutare la scienza a conservare la sua purezza ideale sul versante della ricerca fondamentale e ad assolvere il suo servizio all'uomo sul versante delle sue applicazioni pratiche.
5. La Chiesa , d'altra parte, riconosce volentieri di avere goduto di benefici che le provengono dalla scienza, alla quale, tra l'altro, si deve attribuire quanto il Concilio dice a proposito di alcuni aspetti della cultura moderna: «Anche la vita religiosa è sotto l'influsso delle nuove situazioni... un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica del mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige sempre più una adesione più personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a un più acuto senso di Dio» ( Gaudium et Spes, 7).
La collaborazione di religione e scienza torna a vantaggio dell'una e dell'altra, senza violare in nessun modo le rispettive autonomie. Come la religione richiede la libertà religiosa, così la scienza rivendica legittimamente la libertà della ricerca. Il Concilio ecumenico Vaticano II, dopo aver riaffermato col Concilio Vaticano I la giusta libertà delle arti e delle discipline umane, operanti nell'ambito dei propri principi e del proprio metodo, riconosce solennemente «la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze» ( Gaudium et Spes , 59). Nell'occasione di questa solenne commemorazione di Einstein desidero riconfermare le affermazioni conciliari sull'autonomia della scienza nella sua funzione di ricerca della verità scritta nel creato dal dito di Dio. Piena d'ammirazione per il genio del grande scienziato, in cui si rivela l'impronta dello Spirito creatore, la Chiesa , senza interferire in alcun modo, e con un giudizio che non le compete, sulla dottrina concernente i massimi sistemi dell'universo, la propone però alla riflessione di teologi, per scoprire l'armonia esistente tra la verità scientifica e la verità rivelata.
6. Signor Presidente! Lei nel suo discorso ha detto giustamente che Galileo e Einstein hanno caratterizzato un'epoca. La grandezza di Galileo è a tutti nota, come quella di Einstein; ma a differenza di questi, che oggi onoriamo di fronte al Collegio cardinalizio nel nostro palazzo apostolico, il primo ebbe molto a soffrire – non possiamo nasconderlo – da parte di uomini e organismi di Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto e deplorato certi indebiti interventi: «Ci sia concesso di deplorare – è scritto al n. 36 della Costituzione conciliare Gaudium et Spes – certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancarono nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro». Il riferimento a Galileo è reso esplicito dalla nota aggiunta, che cita il volume Vita e opere di Galileo Galilei , di Monsignor Paschini, edito dalla Pontificia Accademia delle Scienze.
A ulteriore sviluppo di quella presa di posizione del Concilio, io auspico che teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, approfondiscano l'esame del caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei torti, da qualunque parte provengano, rimuovano le diffidenze che quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo. A questo compito che potrà onorare la verità della fede e della scienza, e di schiudere la porta a future collaborazioni, io assicuro tutto il mio appoggio.
7. Mi sia lecito, Signori, offrire alla loro attenta considerazione e meditata riflessione, alcuni punti che mi appaiono importanti per collocare nella sua vera luce il caso Galileo, nel quale le concordanze tra religione e scienza sono più numerose, e soprattutto più importanti, delle incomprensioni che hanno causato l'aspro e doloroso conflitto che si è trascinato nei secoli successivi.
Colui che è chiamato a buon diritto il fondatore della fisica moderna, ha dichiarato esplicitamente che le due verità, di fede e di scienza, non possono mai contrariarsi «procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio» come scrive nella lettera al Padre Benedetto Castelli il 21 dicembre 1613 (Edizione nazionale delle Opere di Galileo, vol. V, 282-285). Non diversamente, anzi con parole simili, insegna il Concilio Vaticano II: «La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Iddio» ( Gaudium et Spes , 36).
Galileo sente nella sua ricerca scientifica la presenza del Creatore che lo stimola, che previene e aiuta le sue intuizioni, operando nel profondo del suo spirito. A proposito della invenzione del cannocchiale, egli scrive all'inizio del Sidereus nuncius , rammentando alcune sue scoperte astronomiche: «Quae omnia ope Perspicilli a me excogitati divina prius illuminante gratia, paucis abhinc diebus reperta, atque observata fuerunt» (Galileo, Sidereus nuncius , Venetiis, apud Thomam Baglionum, MDCX, fol. 4). «Tutte queste cose sono state scoperte e osservate in questi ultimi giorni per mezzo del “telescopio” escogitato da me, in precedenza illuminato dalla grazia divina».
La confessione galileiana della illuminazione divina nella mente dello scienziato trova riscontro nella già citata Costituzione conciliare della Chiesa nel mondo contemporaneo: «Chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza avvertirlo viene condotto dalla mano di Dio» ( Gaudium et Spes , 36). L'umiltà richiamata dal testo conciliare è una virtù dello spirito necessaria tanto per la ricerca scientifica, quanto per l'adesione alla fede. L'umiltà crea un clima favorevole al dialogo tra il credente e lo scienziato e richiama l'illuminazione di Dio, già conosciuto e ancora ignoto, ma tuttavia amato, sia nell'un caso sia nell'altro, da chi umilmente ricerca la verità.
8. Galileo ha enunciato delle importanti norme di carattere epistemologico indispensabili per accordare la Sacra Scrittura con la scienza. Nella Lettera alla Granduchessa Madre di Toscana, Cristina di Lorena, Galileo riafferma la verità della Scrittura: «Non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che sia penetrato il suo vero sentimento, il qual non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole» (Edizione nazionale delle Opere di Galileo, Firenze 1968, vol. V, p. 315). Galileo introduce il principio di una interpretazione dei libri sacri, al di là anche del senso letterale, ma conforme all'intento e al tipo di esposizione propri di ognuno di essi. È necessario, come egli afferma, che « i saggi espositori ne produchino i veri sensi ».
La pluralità delle regole di interpretazione della Sacra Scrittura, trova consenziente il magistero ecclesiastico, che espressamente insegna, con l'enciclica Divino afflante Spiritu di Pio XII, la presenza di diversi generi letterari nei libri sacri e quindi la necessità di interpretazioni conformi al carattere di ognuno di essi.
Le varie concordanze che ho rammentato non risolvono da sole tutti i problemi del caso Galileo, ma cooperano a creare una premessa favorevole per una loro onorevole soluzione, uno stato d'animo propizio alla composizione onesta e leale dei vecchi contrasti.
L'esistenza di questa Pontificia Accademia delle Scienze, di cui nella sua più antica ascendenza fu socio Galileo e di cui oggi fanno parte eminenti scienziati, senza alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa, è un segno visibile, elevato tra i popoli, dell'armonia profonda che può esistere tra le verità della scienza e le verità della fede.
9. Oltre la fondazione di questa Pontificia Accademia, la Chiesa ha voluto, per decisione del mio Predecessore Giovanni XXIII, promuovere e premiare il progresso della scienza con l'istituzione della Medaglia Pio XI. Su designazione del Consiglio dell'Accademia sono felice di conferire questo alto riconoscimento a un giovane ricercatore, il Dottor Antonio Paes de Carvalho, che ha portato, con i suoi lavori di ricerca fondamentale, un contributo importante per il progresso della scienza e il bene dell'intera umanità.
10. Signor Presidente e Signori Accademici. Dinanzi agli Eminentissimi Cardinali qui presenti, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede , agli illustri scienziati e Signori che partecipano a questa tornata accademica, io desidero dichiarare che la Chiesa universale, la Chiesa di Roma insieme a tutte le Chiese sparse nel mondo, attribuisce una grande importanza alla funzione della Pontificia Accademia delle Scienze.
Il titolo di Pontificia attribuito all'Accademia significa, come voi sapete, l'interesse e l'impegno della Chiesa, in forme diverse dall'antico mecenatismo, ma non meno profonde ed efficaci. Come ha scritto l'insigne compianto Presidente dell'Accademia Monsignor Lemaître: « La Chiesa ha forse bisogno della scienza? Certamente no! La croce e il vangelo le sono sufficienti. Ma al cristiano niente dell'umano è estraneo. Come la Chiesa avrebbe potuto disinteressarsi della più nobile delle occupazioni strettamente umane: la ricerca della verità?» (O. Godart-M. Heller, Les relations entre la science et la foi chez Georges Lemaître , in “Pontificia Accademia Scientiarum, Commentarii”. vol. III, n. 21, p. 7).
Nella vostra e mia Accademia collaborano insieme scienziati credenti e non credenti tutti concordi nella ricerca della verità e nel rispetto di tutte le fedi. Mi sia lecito citare ancora una luminosa pagina di Monsignor Lemaître: «Entrambi – lo scienziato credente e non-credente – si sforzano di decifrare il palinsesto di molteplici stratificazioni della natura dove le tracce delle diverse tappe della lunga evoluzione del mondo si sono sovrapposte e confuse. Il credente ha forse il vantaggio di sapere che l'enigma ha una soluzione, che la scrittura soggiacente è, alla fine dei conti, opera di un essere intelligente, dunque che il problema posto della natura è stato posto per essere risolto e che la sua difficoltà è indubbiamente proporzionale alla capacità presente o futura dell'umanità. Questo forse non gli darà nuove risorse nella sua indagine, ma contribuirà a mantenerlo in un sano ottimismo senza il quale uno sforzo costante non può mantenersi a lungo» (Ivi, p. 11).
Io auguro a tutti voi quel sano ottimismo di cui parla Monsignor Lemaître e che trae la sua origine misteriosa, ma reale, da Dio in cui avete riposto la vostra fede o dal Dio ignoto cui tende la verità, oggetto della vostra illuminata ricerca.
Che la scienza da voi coltivata, Signori Accademici e Signori Scienziati, sui versanti tanto della ricerca pura quanto della ricerca applicata, possa, col concorde aiuto della religione, aiutare l'umanità a ritrovare le vie della speranza e raggiungere le mete supreme della pace e della fede.